Street Photography: Un anno dopo
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Uno dei motivi principali per cui mi sono appassionato alla fotografia è il fascino delle immagini scattate in low-light, una tecnica molto di tendenza anche sui social in questi tempi. Scatti della vita notturna: famiglie al ristorante, amici che condividono un drink nei pub, persone in fila davanti a una discoteca.
Ci sono fotografi che hanno trasformato questa pratica in una vera e propria arte, e mi hanno ispirato a provarci. Ma il genere che più mi ha spinto verso la fotografia notturna è la street photography, un macro-genere vasto e complesso, difficile da definire con precisione, ricco di sfide e non solo per chi è agli inizi.
Il concetto di street photography è molto interpretabile, proprio perché variegato. C’è chi definisce “street” anche la fotografia di paesaggi urbani, solo perché contengono materialmente delle strade. Io, per ora, la interpreto in modo più semplice: scendere in strada, aguzzare la vista, osservare e scattare (e raccontare) qualunque cosa.
Come riferimento, considero due estremi: da un lato, la street documentaristica, un genere grezzo in cui la storia è l’elemento centrale (penso a Sebastião Salgado); dall’altro, la street più concettuale e astratta, vicina alle fine arts (come quella di Saul Leiter). Questo mi aiuta a orientarmi e a capire meglio il mio approccio mentre scatto.
Un’altra forte influenza è arrivata dai video su YouTube in cui fotografi passeggiano con la macchina in mano e catturano scatti incredibili da scene di vita quotidiana. Quelle immagini mi hanno sempre trasmesso calma e un senso di quiete. Nei primi tempi mi limitavo a imitarne i colori, i contrasti e la tonalità: luci LED, neon, lampioni, fari delle auto, insegne dei pub… Ricercavo quell’atmosfera magica, ma per lo più la ricreavo in post-produzione.
Eppure, dopo pochi mesi, ho avvertito la mancanza di qualcosa.
Lo storytelling, la resa del soggetto, la composizione, l’uso intenzionale dei colori… tutti elementi chiave della street photography. Ma il vero ostacolo? Entrare nella scena, senza farne realmente parte. Essere vicini ai soggetti, interagire con loro, anche solo con un sorriso o con quel linguaggio non verbale che comunica sicurezza. Per me, all’inizio, era estremamente scomodo. Chiamiamola timidezza.
La verità è che c’è sempre un po’ di imbarazzo nel fotografare qualcuno: ci si sente invasivi, quasi come se si stesse sottraendo qualcosa di intimo e personale. È solo una sensazione, ma è forte. E poi c’è un altro problema: chiedere il permesso significherebbe interrompere la scena, rischiare di perdere quell’istante perfetto. Se si trattasse di un ritratto concordato, avrebbe senso fare due chiacchiere, controllare l’ambientazione, preparare lo scatto. Ma nella street photography, spesso domina il "punta e scatta".
Così, a volte mi ritrovo a chiudere lo schermo della fotocamera con un pizzico di amarezza e passo oltre. Assai demotivante, lo ammetto.
Poi però ci sono giorni in cui esco senza particolare ispirazione, ma basta la luce della Golden Hour perché io accumuli 500 scatti in un paio d’ore. Anche le condizioni atmosferiche sanno essere grandi alleate.
Fortunatamente, so che tutto questo fa parte del processo di crescita. Non mi pesa più di tanto, anche grazie alla condivisione di esperienze di altri fotografi.
E oltre alle “crisi di performance”, c’è spazio per molto altro: lo sviluppo di uno stile personale, la scelta della focale, le tecniche di scatto, l’editing, il bianco e nero, l’estetica dell’immagine (cinematografica, analogica, minimalista), la capacità di raccontare una storia, la conoscenza della propria macchina fotografica, la lettura della luce... e tanto altro ancora. Tutti aspetti che vorrei approfondire in questa sezione.
In conclusione, è stato un primo anno… Punto.
Un anno (e quattro mesi) non è abbastanza per avere certezze o grandi pretese. Serve pazienza. Ma il fascino della scoperta è alle stelle, e ogni esperienza è stimolante, anche quando non lo sembra.
La street photography è un genere che inizialmente ho sottovalutato, forse frainteso. Ma ora sono più curioso che mai di scoprire cosa posso raccontare della vita quotidiana attraverso nuove lenti e di come, osservandola con occhi diversi, possa percepirla da prospettive inedite.